(bozza) I 3/4 dell'industria agroalimentare italiano non compete a livello internazionale

03/09/2019
by Domenico A.

Il boom della cucina italiana nel mondo trova le imprese impreparate o meglio poco organizzate. Solo il 25% di quelle del settore agroalimentare, infatti, è presente in maniera sistematica sui mercati esteri. È questa una delle cause principali che genera il fenomeno dell’Italian Sounding, prodotto dall’ incapacità delle aziende di essere presenti dove c’è più richiesta, come emerge dal XV Rapporto Ice-Prometeia sull’Evoluzione del commercio con l’estero.

L’App Authentico rappresenta la risposta a questa criticità perché consente alle imprese di conoscere in tempo reale dove viene cercato un prodotto italiano e aiutare i consumatori di tutto il mondo a difendersi dall’Italian Sounding così come a cercare il negozio più vicino dove acquistare quello stesso prodotto o il ristorante o la pizzeria dove si cucina e si mangia 100% italiano.

Ma da cosa dipende il gap tra domanda e offerta? Il 75% delle aziende agroalimentari italiane che vende all’estero non raggiunge i 250.000 € di export: una quota troppo bassa per essere competitivi. Queste imprese, ovviamente, investono poco o nulla in comunicazione e marketing, affidandosi al più, a fiere ed esposizioni e ad intermediari locali. Mancano politiche e strategie distributive e di comunicazione di filiera. La promozione del Made in Italy nei principali mercati passa, ancora oggi, per una élite di aziende che orienta anche le scelte dei consumatori. La frammentazione del mercato e la mancanza di logiche e strategie di filiera favorisce la diffusione di prodotti fake che rappresentano la risposta ad una domanda inevasa.

Uno scenario che potrebbe complicarsi notevolmente con le nuove opportunità di sviluppo che si stanno concretizzando nel continente asiatico. Dal Rapporto ICE-Prometeia emerge come “il cambio di passo del continente asiatico rappresenti la principale novità, già a partire dall’anno in corso”. L’Asia, in particolare, assieme al Nord America, si sta configurando come uno dei principali motori per lo sviluppo degli scambi mondiali, passando da una crescita annua del 2% nel 2016 (inferiore quindi all’evoluzione degli scambi mondiali) a una dell’8,3% nel 2017 (quasi quattro punti più alta del dato medio). Il ritorno alla crescita dell’import indiano, ma soprattutto l’accelerazione di quello cinese (il secondo mercato al mondo per dimensioni dei flussi assorbiti) hanno ravvivato una domanda asiatica rimasta ai margini della crescita l’anno precedente. In mercati come la Cina (oltre 730 milioni di persone che navigano on line) circa il 33% acquista on line prodotti esteri almeno una volta all’anno. Si tratta per le imprese italiane di un mercato potenziale che vale solo per il paese asiatico quanto la somma della popolazione di quattro pilastri degli scambi europei (Germania, Francia, Regno Unito e Spagna).

Il tema della distribuzione sui mercati esteri fisica o virtuale – si legge ancora nel Rapporto – rimane un fattore cruciale per i beni di largo consumo. Molti dei successi recenti (come negli Stati Uniti dove la quota di export è cresciuta negli ultimi cinque anni nell’alimentare) sono avvenuti soprattutto grazie a una maggiore presenza dei prodotti italiani nei canali distributivi. Attraverso gli strumenti digitali, questa presenza può diventare ancor più capillare, giovandosi di costi più contenuti rispetto a quella fisica e della possibilità, attraverso l’ascolto e l’analisi di quanto avviene nella rete, di cogliere appieno i desideri dei consumatori.

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